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Passaggio ad El-Alamein (seconda parte)

Passaggio ad El-Alamein (seconda parte)

Ripercorro all’indietro la strada che va dal Sacrario a Quota 33, ossia la base dell’esercito italiano, per rintanarmi in un edificio che ospita il museo. Il luogo è fresco, silenzioso ed è al riparo dalla luce accecante del deserto. Nel museo c’è la storia della battaglia, le carte dei posizionamenti delle truppe italiane e tutte ciò che il colonnello Caccia Dominioni ha utilizzato per far sì che il suo progetto di Sacrario potesse diventare realtà. L’obiettivo della mia visita è il museo. Qualche giorno prima, una persona di mia conoscenza, che in seguito a quella battaglia, ha perso il padre, mi ha chiesto di potergli documentare la visita e di potergli inviare delle immagini con lo scopo di ricostruire l’ultimo periodo della vita del padre. Mi ha chiesto in particolare se trovavo delle immagini della divisione Trieste.

Infatti nelle stanze che ospitano le carte e i ricordi della battaglia, ho trovato tutto quello che questo mio conoscente da anni stava cercando: quando, di ritorno in città, gli ho inviato una mail con il resoconto della visita è stato molto contento. Usciti dal sacrario la visita di quel punto in mezzo al deserto non era terminata. Andiamo ad un punto di ritrovo dei poliziotti per prendere un te, insieme ad una nutrita compagnia di mosche, che visto il caldo si riparano al fresco del bar. Il tè è bollente e tutto concorreva a sentirmi come nei film hollywoodiani quando i protagonisti si trovano nelle prime città al confine con il Messico con attorno molti poliziotti.  Sono contenta di lasciare quel posto e di tornare in città, senza dimenticare di fare una sosta per il pranzo. Come già detto nella prima parte, nella zona è un susseguirsi di villette, moschee e di resort che aprono anche a pranzo. Ci fermiamo in un ristorante che ha la vista sul mare.

Un azzurro splendido che al Sacrario non potevo raggiungere perché transennato, e che ora posso anche fotografare. La pizza egiziana (che ha i peperoni e alcune spezie e che ho imparato a mangiare dopo essermi arresa davanti all’evidenza che non avrei mai trovato una pizza degna di questo nome) chiude la giornata nel deserto. Il ritorno ad Alessandria avviene a metà pomeriggio: il traffico è molto intenso e anarchico ma il clima è più fresco. Sono in tempo per la preghiera delle 17, ma tutto mi sembra un po’ diverso. Ho visto una testimonianza di quello che è stata la guerra anche in Nord Africa, delle atrocità che questa ha portato con sé, dei morti che non possono essere ancora seppelliti e di quelli che il mare non ha riportato più indietro.

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Passaggio ad El-Alamein (prima parte)

Passaggio ad El-Alamein (prima parte)

La costa mediterranea egiziana è un misto di deserto, sabbia e mare. E’ il punto dove il deserto si unisce all’acqua, quasi un paradosso se si pensa a cosa questi due elementi rappresentino. Ed è ancora più strano pensare che quella striscia di terra è stata protagonista di sanguinose battaglie durante la seconda guerra mondiale. Quando si esce da Alessandria per percorrere il deserto, lo scenario cambia completamente. Grandi costruzioni, villaggi turistici, condomini, moschee. Un susseguirsi di villette e moschee, che in fase di costruzione hanno lo stesso colore del deserto. Le monarchie sunnite investono da tempo sulla costa mediterranea: costruiscono case, alberghi e moschee, tutte sul mare, come al gioco del monopoli quando hai le proprietà dello stesso colore. Per un giorno lascio perdere la tesi (non voglio arrivare al confine con la Libia, anche se sono su quella direzione) e accompagno il direttore del Sacrario Militare, che ha il suo ufficio al Consolato.

Tanti chilometri nel deserto per arrivare ad El-Alamein, battaglia spesso citata nei libri di storia, una delle tante disfatte dell’Italia alleata dell’Asse. Il Sacrario ha ospiti e noi andiamo ad accoglierli. Sono i parenti delle vittime della battaglia che ogni anno vanno a portare un fiore. Ci sono ancora molti morti che la sabbia ha sepolto, ma, non possono essere scavati e posti nel Sacrario: ora che questo punto del Sahara è egiziano, la terra e quello che vi contiene è di proprietà dell’Egitto. Il sacrario ha come vicino una moschea e da buon vicini hanno trovato un accordo: il muezzin ha diminuito il numero di altoparlanti perché, il suo pubblico è fatto di soldati morti e alcune abitazioni sede della polizia. Un esempio di convivenza interreligiosa. Il custode è un egiziano che insieme alla sua famiglia, gestisce i rapporti con i locali, cura il museo e il sacrario. La visita inizia al mausoleo. L’interno è costituito da un susseguirsi di tombe, molte delle quali ignote che raccolgono i resti dei soldati italiani appartenenti alla Folgore, sconfitti dall’esercito inglese. Il sacrario è enorme e lo ideò il Colonello e ingegniere Paolo Caccia Dominioni che partecipò alla prima e alla seconda battaglia di El-Alamein. Ma è il museo la parte più interessante per capire come sono andate le cose. Intanto, la scelta di indossare le ballerine, si rivela pessima: ho i piedi pieni di sabbia che continua ad accumularsi. (continua)

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