Vera o non vera la leggenda che narra che gli spaghetti siano originari della Cina, di sicuro posso garantire che qualcosa di mooooolto simile agli spaghetti esista anche qui. Da un bel pezzo.
Ma l’aspetto più affascinante dello spaghetto cinese non è certo il solo gustarlo. I Cinesi poi hanno una abilità pressoché ineguagliabile per nutrirsi di questa loro tipicità gastronomica: i noodles infatti vanno rigorosamente consumati caldi fumanti e risucchiati tra le labbra perché naturalmente con le bacchette non si può certo avvolgere a spirale un bel niente. Quindi questi fili di pasta rovente, talvolta colanti di brodo, talvolta zuppi di condimento, attraversano come lava incandescente le labbra. Un essere umano non avvezzo alla pratica sin dalla tenera età, non farebbe che lacrimare e inghiottire anche il primo strato di epidermide assieme al ciuffo di noodles. Invece, un Cinese medio, allenato, probabilmente ha sulle labbra uno strato di amianto sviluppato con gli anni di esercizio che gli permette di non sentire la temperatura lavica che raggiunge la sua bocca.
I noodles, al di là della temperatura, sono un piatto estremamente gustoso. Per chi ama il brodo poi, in Cina si dilettano in mille versioni un po’ come in Italia. Nei ristoranti musulmani si trova un prelibato brodo di manzo che accompagna molto spesso i famosi noodles “tirati”. I noodles tirati sono una specialità di Lanzhou, una città del nord-ovest della Cina dove appunto è diffuso l’Islam. Quindi molto spesso i ristoranti di Lanzhou sono anche ristoranti Halal.
Ma torniamo alla star del giorno: il noodle tirato. Ecco, quando dico tirati, intendo proprio allungati, estesi, infiniti, bisciosi, con un inizio che è qui e una fine che è chissà dove.
L’arte del tiro del noodle si impara con una lunga pratica: prima di tutto l’impasto è qualcosa che mi rimane ancora sconosciuto, davvero. Si tratta chiaramente di farina bianca, ma non posso garantire che ci sia soltanto farina di grano là dentro, acqua e probabilmente un olio di semi dal sapore molto leggero. Il risultato comunque è una pasta relativamente collosa che necessita di molta energia nella lavorazione, e che allo stesso tempo resiste ai feroci maltrattamenti a cui viene sottoposta: guardare per credere!
Se osservate con attenzione, vedrete che è molto probabile che ciò che viene inserito nella pentola della cottura, sia un unico luuuungo spaghettone che nasce dall’intreccio continuo tra le dita del maestro pastaio. Tiro e saltello, intreccio, tiro e saltello, intreccio, tiro e saltello, intreccio, sbatto e puff: ecco una manciata di spaghetti pronta da gettare nel pentolone.
Si aggiungono verdure o carne, dell’altro brodo, più saporito, un po’ di cipollotto e del coriandolo a decorare e…pronti! Ora, decidete voi quale è la tecnica più sicura per poterli mangiare.
La mia di solito mi fa apparire abbastanza ridicola, mentre tento di spegnere l’incendio in corso tra le mie labbra, con la boccata di noodles che ancora penzolano, dal brodo si collegano direttamente alle mie ganasce malconce e ustionate… ma pare che nessuno ci faccia particolarmente caso…
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