Il RITO DELL’ASADO – CAPITOLO SECONDO. La versione dell'emigrante.
Dove eravamo rimasti? Nel primo post avevo descritto la presentazione dell’asado nella sua socialità. Ora invece, vorrei condividere la parte più tecnica: quel percorso che va dalla macelleria al divano, destinazione finale di ogni asado ben riuscito.
Partiamo dall’elemento essenziale di questo rituale: la carne. Si sa, la pampa argentina, da sempre fornisce le migliori condizioni affinchè i bovini crescano pasciuti e sani, e di conseguenza, le sue carni sono deliziose, tanto da essere il secondo prodotto più esportato dopo la soia. Ma come in tutte le cose, ed in tutto il mondo, si può trovare la buona e la cattiva qualità nella merce che acquisti: è essenziale dunque trovare il macellaio di fiducia. Senza questo elemento, qualsiasi asador - anche per il più bravo – farebbe una figuraccia davanti agli ospiti, e vi assicuro che qui la cosa è presa piuttosto sul serio...
Io ho avuto la fortuna di trovar casa vicino alla macelleria Sol 19. Minuscolo locale con una perenne fila di clienti sul marciapiede in attesa di essere serviti da Martin e suo padre Carlos. Vedendomi assai spaesato nel momento di fare l’ordinazione, nonostante tentassi di mostrarmi un conoisseur per evitare la fregatura tipica che qui si rifila agli sprovveduti, i due signori mi hanno di settimana in settimana illustrato i vari tagli di carne e la maniera migliore per prepararli.
I
tagli di carne da cuocere alla gliglia sono tantissimi, e di certo non si possono elencare tutti. Io mi limiterò a descrivervi la formazione base degli asados che sono solito preparare. Si inizia con l’apripista, il chorizo: ossia, la salsiccia. Qui è in genere mista: metà carne bovina, metà di maiale, in modo da avere le giuste quantità di grasso. Poi vi sono alcune prelibatezze che appartengono alla categoria achuras: interiora e affini. Per me il massimo è la molleja, la ghiandola del collo, servita ben croccante. Poi viene il momento di mangiare sul serio, e si cominciano a servire i pezzi più grandi, cotti interi e tagliati a fette una volta pronti.
Ci sono i tagli più veloci nel cuocersi come il matambre, tecnicamente, l’ammazzafame. A me cere per personalmente, piace da impazzire quando è di carne di maiale. Il nome buffo deriva dal fatto che il gaucho della Pampa fosse solito tagliare questo pezzo esterno e sottile dell’animale per mangiare un antipasto in attesa che i restanti pezzi si terminassero di cuocere. Da un lato è grasso, mentre l’altro è di pura carne. Come pezzo principale la tapa de nalga è il pezzo che preferisco, corrisponde alla natica della vacca. Saporitissima e, se lasciata un pò sugosa, ossia con un pò di rosso ancora all’interno, è una delizia. Qui, però, le rogini emiliane e di campagna mi tradiscono. Cresciuto a salame ferrarese e prosciutto, ammetto di essere un fedele della religione porcofila: così alla mia tavola raramente manca un carrè de cerdo, ovvero il filetto di maiale, che cotto alla griglia non ne ha uno di suoi perchè, ma tanti.
Chiudo qui la mia disquisizione elementare sull’asado dell’emigrante, ed essendo sabato, scendo a vedere quali carni scegliere per il pranzo di domani.